Sono i paladini della sicurezza informatica, le dieci menti scelte per proteggerci dalle "cyber aggressioni", i nostri hacker buoni, per essere precisi i "white hat" visto che la loro missione è quella di "bucare" i sistemi sì ma sempre in nome dell'etica e della legalità. È la nostra nazionale italiana di cyberdefender composta da giovani che hanno tra i 17 e i 24 anni, smanettoni dal volto pulito e con lo sguardo acuto di chi ha voglia di andare oltre il sistema, se necessario di sovvertirlo, con l'intento di scoprirne le lacune e trovare il modo di eliminarle. Portano avanti una rivoluzione silenziosa che combattono a colpi di crittografia e comandi in C e C + +, senza alcun circo mediatico intorno né tanto meno stipendi d'oro. Ora, grazie al progetto Cyberchallenge.it sono usciti dalle loro "buie cantine" e il prossimo 14 ottobre saranno chiamati a rappresentare l'Italia ai Campionati europei di informatica (Ecsc) di Londra. Il capitano di questo team dell'eccellenza, che ha fatto la sua presentazione ufficiale ieri sera alla scuola Imt di Lucca, si chiama Giovanni Schiavon e ha 22 anni: si è appena laureato in Ingegneria informatica al Politecnico di Milano e si presenta definendosi «uno dei più anziani del gruppo». Non è un caso visto che la cifra distintiva della squadra è proprio la giovane età dei componenti. Due i ragazzi che hanno 17 anni e un curriculum che fa già invidia a tanti: sono Lorenzo Leonardini, che frequenta il liceo scientifico G. D. Cassini di Genova e Christian Cotignola, al quinto anno dell'istituto tecnico industriale Pacinotti di Fondi.
Con loro, impegnati in una sfida della quale ancora non conoscono la complessità, ci sono Andrea Biondo, Riccardo Bonafede, Qian Matteo Chen, Mauro Foti, Leonardo Nodari, Dario Petrillo, Jacopo Tediosi e Giovanni Schiavon. Poi ci sono i loro coach, anche loro giovanissimi: Marco Squarcina, 33 anni, ricercatore alla Ca' Foscari di Venezia che a giorni lascerà l'università italiana per diventare assistant-professor al Politecnico di Vienna ed Emilio Coppa, 30 anni, ricercatore all'università La Sapienza di Roma. «Siamo hacker che lavorano nella legalità - ha spiegato Squarcina nel corso della presentazione - tutto questo è il frutto del percorso di formazione avanzata sulla sicurezza informatica. Abbiamo scelto tra 160 ragazzi, li abbiamo selezionati con un test di logica e programmazione. Loro non sono i dieci più bravi in assoluto ma quelli che possono rappresentare meglio tutte le conoscenze che servono per affrontare la sfida di Londra».
Irriducibili stakanovisti, pare che durante il "ritiro" lucchese, non abbiano mai voluto fare una pausa e che per rilassarsi siano soliti scassinare lucchetti (trattasi di "Lock picking"). Sono sui social network ma la metà li usa esclusivamente per curiosare. La formazione di queste menti è affidata al Cini, il consorzio interuniversitario nazionale dell'informatica presieduto da Paolo Prinetto che è anche direttore del Laboratorio Nazionale di Cybersecurity. «Stiamo cercando di mettere in piedi una rete di cyber range - ha detto ieri all'Imt - in modo che gli studenti possano allenarsi e condividere le competenze. Si tratta di una struttura che non è presente in nessun altro Paese». Grandi assenti, oltre ai toscani, sono le donne: allo scorso Cyberchallenge, su 1.900 candidati solo il 10% erano di sesso femminile. Ma pare che il Cini stia lavorando anche a una nazionale di hacker in rosa.
"RITIRO" LUCCHESE PER LA NAZIONALE DI CYBERSICUREZZA
Giovedì, 4 Ottobre, 2018
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