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Nel centenario "pascoliano" un volume curato dal professor Umberto Sereni

Martedì, 11 Settembre, 2012
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Il 2012, anno del centesimo anniversario della morte di Giovanni Pascoli, è onorato da numerose manifestazioni legate alla vicenda umana del Poeta, che si terranno in molte parti d’Italia: la Romagna e Bologna prima di tutte.

In questo programma, un ruolo altrettanto importante spetta alla Valle del Serchio, dove Pascoli dimorò per circa venti anni che corrisposero al periodo più intenso e più felice della sua produzione poetica. Proprio lo stretto legame che Pascoli stabilì con l’ambiente della Valle, che divenne il motivo e lo scenario della sua grande poesia, può fornire una valida occasione per sollecitare iniziative di qualità volte a favorire le conoscenza di una Valle che ha saputo conservare nella loro vitalità molti degli stimoli che suggerirono al poeta la definizione di “Valle del Bello e del Buono”.

In questo quadro si inserisce la monografia “Giovanni Pascoli vita, immagini, ritratti” (step Editore), curata dal professor Umberto Sereni, ordinario di storia contemporanea all’università di Udine, e da Gianfranco Miro Gori, sindaco di San Mauro in Romagna, paese natale del poeta.

Questo volume, realizzato dalle Grafiche Step di Parma ed inserito in una prestigiosa collana dove sono già apparse le biografie di Verdi, Puccini e Toscanini, rientra a pieno titolo nell’ambito delle iniziative centenarie e, realizzando una felice cooperazione tra la Romagna e la Lucchesia, mette a disposizione di un vasto pubblico la storia per immagini della vicenda umana di Giovanni Pascoli, premessa indispensabile per conoscere ed apprezzare la sua poesia.

I FUNERALI DI PASCOLI, IL SUO ARRIVO AL CIMITERO DI BARGA 

“Giovanni Pascoli è il più grande e originale poeta apparso in Italia dopo il Petrarca. Questo sarà riconosciuto quando l’Italia rinnoverà anche le vecchie tavole dei valori poetici”. E’ il telegramma che Gabriele D'Annunzio invia dal suo volontario esilio di Arcachon.

E' il 6 aprile del 1912, dopo un'agonia di 36 ore, Giovanni Pascoli muore nella sua casa bolognese di via dell'Osservanza.

I solenni funerali si svolsero il 9 aprile in San Petronio. Subito dopo il feretro del poeta, raggiunse, circondato da ali di folla, la stazione del capoluogo emiliano.

La fedele sorella Maria si era infatti imposta, rifiutando le numerose offerte di tumulazione a Bologna (vicino all’antico maestro Giosuè Carducci) e a San Mauro in Romagna (accanto agli amati genitori Ruggero e Caterina), per portarlo invece a Castelvecchio, la frazione di Barga, dove i due fratelli avevano convissuto per ben 17 anni.

Per tutto il percorso del feretro (sul treno funebre c’era anche l’allora ministro della Pubblica istruzione Luigi Credaro) attraverso la Toscana , fiori e lacrime praticamente ad ogni stazione, fino all’ultima, quella di Fornaci di Barga.

Da lì il trasferimento al cimitero della cittadina, con una sistemazione provvisoria in una galleria sotterranea. A Barga nel frattempo erano arrivati anche molti allievi bolognesi del poeta, che avevano l'intenzione di impedire la benedizione della salma (fortemente voluta invece da Maria). Per evitare disordini, il Prefetto di Lucca diede l’ordine di tumulare la cassa quella sera stessa.

Per tutta la notte, le forze dell’ordine armate di fucili, dovettero comunque presidiare il cimitero.

Sei mesi dopo, il 6 ottobre del 1912, la sistemazione definitiva nella cappellina della casa, a Castelvecchio, dove nel giardino pochi mesi prima era stato seppellito anche l’amatissimo e longevo cane Guli (che aveva preceduto il padrone, morendo a 18 anni nel novembre del 1911).

Il vero e proprio monumento funebre in marmo bianco, ad opera dello scultore liberty Leonardo Bistolfi, fu successivo: venne inaugurato il 6 aprile del 1920, ottavo anniversario della morte del poeta. L’epigrafe scritta dal Pascoli stesso, e dedicata alla sorella Maria, così recita “Quae nihil optasti nisi pacem, pace fruaris, una cum maestro candida fratre soroe” (Tu che niente altro desiderasti che la pace, di pace godrai, virginale sorella, insieme al tuo mesto fratello).

Quattro anni dopo, il 12 ottobre del 1924, a Lucca fu organizzata una nuova commemorazione organizzata dal Comitato nazionale per le onoranze di Giovanni Pascoli. Un avvenimento importante, visto che vi partecipò in prima persona il re, Vittorio Emanuele III.

L’anno dopo a Roma, nel giugno del 1925, un’altra attestazione importante: Pascoli fu proclamato “Vate d’Italia”. E anche in quella occasione, non mancò la famiglia reale, nella persona dell’anziana regina madre Margherita, che fu molto amica di Carducci e si interessò anche al Pascoli.

Nel maggio del 1930 invece fu Benito Mussolini a salire a Castelvecchio, in occasione dell’attribuzione a Barga dello status di città. “Silenzio. Ora si entra nella casa della poesia”, furono le parole del duce.

L’ultima volontà testamentaria del poeta fu realizzata nel 1935, quando fu possibile inaugurare, come aveva lasciato scritto Pascoli, un asilo per i bambini di Castelvecchio. La scuola fu aperta fino al 1970 sotto la guida delle suore dell’Addolorata, poi diventò statale ed infine venne chiuso, ospitando in seguito gli uffici della Fondazione Pascoli. Particolarmente importanti le celebrazioni anche nel secondo dopoguerra, nell’aprile del 1963, a cinquanta anni dalla morte di Giovanni Pascoli, arrivarono a Barga il presidente della Repubblica Giovanni Gronchi, accompagnato dall’allora primo ministro Giovanni Leone.