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Patrimonio artistico

Gruppo Scultoreo Madonna del Soccorso

Trattasi di un gruppo scultoreo in argento, raffigurante la Madonna del Soccorso, eseguito a Lucca attorno al 1690 dal grande artista e argentiere Giovanni Vambré il Vecchio.

La statua, eseguita a tutto tondo su lamine a sbalzo di finissima fattura, reca sulla base il punzone GVB coronato, ha un'altezza di cm. 63 ed un peso di gr.4.800 circa. La perizia da parte della competente Soprintendenza per i Beni Ambientali, Architettonici, Artistici e Storici ha confermato la rilevanza dell'opera e la sua elevata qualità, ribadendo che trattasi di produzione di sicura provenienza lucchese la cui acquisizione è di alto interesse per l'intera comunità locale; pertanto è stato deliberato di acquistare la statua in argomento e di concederla in comodato all'Arcidiocesi di Lucca, affinché venga esposta al pubblico presso il Museo dell'Opera del Duomo.

Quadro Madonna col Bambino e S. Giuseppe

Quadro Madonna col Bambino e S. Giuseppe (Olio su tavola, cm.90x120) del pittore Ezechia, più noto nella letteratura artistica come Zacchia.

Quadro Madonna col Bambino e S. Giuseppe (Olio su tavola, cm.90x120) del pittore Ezechia, più noto nella letteratura artistica come Zacchia, che svolse a Lucca gran parte della sua attività. Nato nell'ultimo decennio del quattrocento, probabilmente a Vezzano Ligure, nel 1510 il pittore si trasferì a Lucca, nella bottega di Agostino Marti, in cui avvenne la sua formazione artistica; a Lucca egli svolse gran parte della sua attività, sia per le chiese cittadine che per quelle del contado.

Quadro Il compianto della Madonna sul corpo di Cristo

Quadro raffigurante "Il compianto della Madonna sul corpo di Cristo" del pittore lucchese del '700 Giuseppe Luchi detto "Il Diecimino" (olio su tela, cm.100 x 80).

Dopo una prima formazione in città, il pittore si aggiornò poi a Bologna e a Venezia dove entrò nella bottega del Tiepolo, rientrando a Lucca, dove svolse la gran parte della sua attività e fu direttore della locale Accademia, attorno al 1736. Il dipinto è quasi sicuramente una versione in dimensioni ridotte del grande dipinto che il pittore eseguì per il Convento delle Suorine delle Ostie di Lucca e che ora si trova nella pieve di Decimo, paese di origine del pittore.

Autopiano

Autopiano già appartenuto a Giacomo Puccini.

Quadro Paesaggio campestre di Gaetano Vettorali

Quadro raffigurante un "Paesaggio campestre" del paesaggista lucchese Gaetano Vettorali (1701-1783).

Per quanto la scarsità di notizie biografiche riguardanti il pittore non consenta di ricostruire esattamente il suo percorso formativo, risulta tuttavia con chiarezza che il Vettorali lavorò per le più significative famiglie lucchesi.

Quadro L’adorazione dei pastori di Gian Domenico Lombardi
Quadro L’indovina di Gian Domenico Lombardi

Quadro raffigurante "L'adorazione dei pastori" (olio su tela, cm.150x120) di Gian Domenico Lombardi - Questa tela, che le dimensioni fanno presupporre proveniente da una collezione privata oppure dall'arredo interno di un edificio conventuale, documenta un momento particolarmente felice nel percorso del pittore.

Infatti il tema sacro è qui trattato con tono leggero e raffinato; tipica del dipinto è anche la caratterizzazione dei vari personaggi, tutti assai ben connotati e sottolineati da un uso della luce e del colore che rivela assai chiaramente la formazione "veneta" o comunque settentrionale dell'artista; non mancano tuttavia i richiami alla tradizione pittorica lucchese, specie alla lezione di Pietro Paolini, anch'egli del resto attento al colorismo di marca veneta. Il Lombardi, dopo aver goduto di grande apprezzamento nel XIX secolo, fu poi pesantemente ridimensionato; gli ultimi studi ed i nuovi dipinti rinvenuti - nonostante una certa disparità di risultati, non infrequente del resto tra gli artisti dell'epoca e spesso determinata dai vari livelli di committenza - ne fanno una delle personalità più interessanti del panorama figurativo lucchese degli inizi del XVIII secolo.

Quadro La Caducità della vita e del potere terreno di G. Scaglia

Quadro raffigurante "La Caducità della vita e del potere terreno" di Girolamo Scaglia.

Nato con ogni probabilità a Lucca intorno agli anni '20 del seicento, lo Scaglia, nonostante la frequentazione con Pietro Paolini, mostra stringenti contatti con Paolo Biancucci, l'altro grande protagonista del Seicento lucchese, con la pittura emiliano-bolognese e con quella fiorentina. Lo Scaglia, per questa multiformità di interessi, si rivela così personalità eclettica, permeata da grandi ambizioni culturali e contrassegnata da una grande versatilità di stile. In seno alla pittura locale seicentesca occupa una posizione particolare, cos' come particolare è la sua produzione di quadri da stanza, di destinazione privata e dal soggetto spesso incentrato su temi allegorici, nel cui ambito si colloca anche il dipinto in questione, per il quale la particolarità del soggetto fa presupporre un committente di grande raffinatezza. Il quadro testimonia inoltre la decisa propensione del pittore per la rappresentazione di elementi decorativi che sembrano confermare l'ipotesi di una sua attività di progettista nel settore dell'oreficeria.

Busto Cristo in passione di Matteo Civitali

"Cristo in passione" di Matteo Civitali -Trattasi di un busto in terracotta (cm.52x23) con tracce di policromia, raffigurante il Cristo in passione, dello scultore lucchese Matteo Civitali (1436 -1501).

La terracotta si trova in ottimo stato di conservazione, non presentando consunzioni, sfaldature o sbeccature; della pittura antica - carnicino per il volto, bruno per i capelli e manto rosso su di una veste azzurra o blu - si conservano poche tracce ed è andata smarrita la corona di spine, probabilmente realizzata in metallo. I caratteri somatici del volto del Cristo avvicinano il busto a quello marmoreo di uguale soggetto eseguito dal Civitali e conservato nel Museo di Palazzo Guinigi a Lucca: vi troviamo la struttura allungata del volto dagli zigomi evidenti, la ferma modellazione del naso leggermente arcuato, il disegno circonflesso delle sopracciglia che scivolano verso il basso ed accentuano l'espressione malinconica.

Organo di Bartolomeo Ravani presso la Chiesa di S.Micheletto

Lo strumento in questione reca sulla tavola lignea di fondo delle secreta l'iscrizione autografa ad inchiostro "Bartolomeo Rauani in Fiorenza l'anno 1660".

Fin dal Quattrocento la città di Lucca ha legato il suo nome ad alcuni tra i più importanti capitoli della storia dell'organo italiano. Agli inizi del Seicento i fratelli Andrea e Cosimo Ravani - dopo un periodo di stasi seguito alla morte di Domenico di Lorenzo, cui si deve fra l'altro la realizzazione del monumentale organo della Cattedrale di S.Martino (1481) - riuscirono a riportare a Lucca il centro dell'attività organaria toscana guadagnandosi una fama che li portò a lavorare per tutte le  maggiori basiliche della Toscana, in Emilia, a Roma e alla Cattedrale di Catania. Alla morte di Cosimo, l'attività fu continuata dai figli Bartolomeo e Andrea; le fonti documentarie attestano la presenza a Lucca dei membri della famiglia Ravani fino al 1650, data a partire dalla quale si trasferirono probabilmente a Firenze.

Lo strumento in questione reca sulla tavola lignea di fondo delle secreta l'iscrizione autografa ad inchiostro "Bartolomeo Rauani in Fiorenza l'anno 1660"; all'interno della canna maggiore di facciata vi è inoltre l'iscrizione "Bartol Rauani in Fiorenza 1660". Della struttura originale si conservano la parte superiore della cassa, il somiere e la totalità delle canne, oltre ai due mantici a cuneo con pesi originali in pietra. Il crivello in legno risale con ogni probabilità ad un intervento settecentesco ad opera di Michelangelo Crudeli. Il registro di Voce Umana fu aggiunto nel XIX secolo, probabilmente ad opera dell'organaro lucchese Domenico Pucci. Lo strumento subì poi un ulteriore intervento ad opera degli organari pistoiesi Agati-Tronci (fine XIX - inizi XX secolo), fino poi al restauro eseguito nel 1999.